Dalla letteratura a…:Una domanda a Maurizio de Giovanni

La scrittura rompe sempre più spesso gli argini della letteratura per invadere altri territori creativi. Nel tuo caso l’ispettore Ricciardi si è affermato come personaggio letterario seriale per interessare subito la televisione. Poi da un tuo scritto su una storica partita del Napoli calcio sono nati tre spettacoli teatrali e il progetto di un film. Quanto ritieni sia importante l’osmosi creativa tra i diversi linguaggi creativi e quanto ti ispirano queste possibilità?
Il connotato identificativo di maggior rilievo di quest’epoca è la nuova modalità di comunicazione. Il nostro gusto, il nostro orecchio hanno assunto il ritmo della rete, dei video, dei documentari e dei telefilm; nulla di narrativo può prescindere da questa realtà. Si può discutere sulla positività o negatività di questo assunto, ma non sull’effettiva corrispondenza di esso con l’esigenza del pubblico.
A me è capitato di recente di rivedere alcune fiction televisive da me molto amate nell’adolescenza (“Il segno del comando”, “Belfagor”, “Maigret” con Gino Cervi) e le ho trovate di una lentezza e di un’ingenuità quasi insopportabili.
Lo scrittore di narrativa deve perciò misurarsi col ritmo già nell’atto di pensare la trama, prima ancora di cominciare a comporre il proprio romanzo; lo sviluppo cinematografico, teatrale o televisivo saranno tanto più facilmente applicabili quanto più sarà attuato questo principio.
Per quanto mi riguarda scrivere di sport e di crimine aiuta moltissimo, considerato che queste materie hanno di per sé l’esigenza di una sequenzialità di eventi serrata e scandita. Ho avuto anche la soddisfazione recente della riduzione a fumetti di una mia storia di Ricciardi, a cura della Cagliostro e-press, ritrovando anche nella nona arte un possibile sbocco della mia scrittura.
In sintesi: una bella storia è una bella storia, e sarà se stessa qualsiasi sia il linguaggio nel quale la si vorrà raccontare. Se predominerà sulla scrittura potrà facilmente uscire dalle pagine del libro e andare su uno schermo o sulle tavole del disegnatore. Diverso sarà se è la scrittura a predominare. Ma quello, grazie a Dio, non è il mio caso.

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